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Certificazioni per “falsi malati” del medico di base, rischio danno erariale

25/06/2018

Certificazioni per “falsi malati” del medico di base, rischio danno erariale

Aumentano i profili di responsabilità del medico di base in tema di certificazioni relative ad assenze per malattia sul luogo di lavoro.

Se ne è occupata di recente la Corte dei Conti Umbra, che con la sentenza 47/2017 ha emesso il suo giudizio in un procedimento, prima disciplinare e poi penale, avviato contro un dipendente pubblico che svolgeva le sue mansioni presso la Direzione Territoriale del lavoro dell’Umbria.

Nel caso di specie il soggetto aveva prodotto false attestazioni di malattia redatte da lui con firma e timbro di sanitari ignari, nonché certificati prodotti effettivamente da un medico che ne aveva invece confermato la provenienza. In relazione a quest’ultimo era emerso, in particolare, come non avesse effettuato le opportune verifiche sull’effettivo stato di salute del paziente e che avesse emesso otto certificati attestanti uno stato di malattia che, alla luce degli accertamenti istruttori, era poi risultato inesistente, o comunque non compatibile con l’assenza dal luogo di lavoro per 133 giorni consecutivi.

La Procura regionale adì alla Corte di Conti competente per ottenere la condanna per danno erariale, non soltanto nei confronti del dipendente pubblico, ma anche del sanitario che aveva emesso le relative certificazioni. Il medico in sede di giudizio si difese sostenendo di non essere stato coinvolto nel procedimento penale e di aver scrupolosamente verificato le condizioni fisiche del paziente. In realtà, però, dagli atti del procedimento penale acquisiti, la Corte dei Conti si è trovata di fronte un quadro ben diverso: in particolare, il paziente aveva palesato, in alcune intercettazioni telefoniche, la volontà di precostituirsi prove utili a giustificare l’assenza per malattia, paventando anche stati patologici inesistenti, certo che questo avrebbe emesso le relative certificazioni senza troppe verifiche.

La Corte dei Conti ha dunque verificato come il medico avesse agito con estrema superficialità, ritenendolo corresponsa­bile dell’illecito non dolosa­mente, ma colposamente, con una colpa connotata da una gravi­tà tale da non poter essere esente da un giudizio di responsa­bilità amministrativo-contabile. La Corte ha poi rilevato come, nei giorni di assenza per malattia certificati, è stato verificato in sede di indagine che il paziente era intento a svolgere attività del tutto incompatibili con lo stato patologico certificato, per cui era evidente come le sue verifiche in sede di attestazione dello stato di salute non dovevano essere state sufficientemente scrupolose, con conseguente condanna al risarcimento del danno patrimoniale derivato all’Erario, pari alla metà dello stipendio indebitamente percepito dal lavoratore nel periodo coperto dalle sue certificazioni.

Il concetto espresso dalla Corte dei Conti in questa pronuncia fa discendere la responsabilità del medico da un comportamento che, in sostanza, si traduce nella mancanza di scrupolo nella verifica delle condizioni fisiche del paziente, che però ha volontariamente preordinato una situazione volta a raggirarlo.

Dunque, se da una parte è corretto pretendere da un qualsiasi operatore sanitario che svolga la propria attività in maniera scrupolosa e diligente, dall’altra viene da chiedersi se, quando il paziente (come in questo caso) miri a fuorviare le valutazioni del medico, sia corretto attribuire a quest’ultimo una responsabilità anche solo colposa, soprattutto oggi che a causa dell’immane contenzioso per responsabilità professionale che coinvolge la categoria medica la medicina difensiva, talvolta, è una necessità.

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