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Medico di Medicina Generale: un ruolo fondamentale spesso relegato in serie B

11/01/2018

Medico di Medicina Generale: un ruolo fondamentale spesso relegato in serie B

Il Medico di Medicina Generale, alias il Medico di Famiglia, è una figura irrinunciabile per il cittadino italiano.

A lui tutte le persone si rivolgono per semplici malesseri e cure basilari, per la prescrizione di visite o esami specialistici, per dubbi sulla corretta assunzione di farmaci, oppure per semplici momenti di ipocondria in cui si avverte la necessità di avere delle rassicurazioni da una persona di fiducia.

Perché il medico di famiglia, nel corso degli anni di relazione con i suoi pazienti, diventa non solo un professionista in grado di comprendere e curare i loro disturbi, ma anche una specie di “psicologo”, un confidente e infine un amico.

Notoriamente gli studi dei medici di famiglia sono pieni di regali, fiori o specialità in occasione delle feste, donati dai pazienti come gesto di affetto e riconoscenza verso il lavoro svolto. Perché, di fatto, il loro ruolo è proprio questo: quello di una figura sempre presente che, se serve (e se è disponibile), è chiamata ad entrare non solo nella vita ma anche nelle case degli assistiti.

 

Diventare Medico di Medicina Generale non è affatto semplice perché richiede l’iscrizione ad una Scuola di Specializzazione post laurea della durata di 3 anni, previo concorso bandito dal Ministero della Salute (che tra l’altro accetta un numero sempre minore di corsisti), e il l’impegno durante gli anni di studio richiede l’obbligo della frequenza alle attività didattiche teoriche e pratiche, non permettendo quindi di poter svolgere altre attività lavorative esterne, pena la condanna alla restituzione della borsa di studio come recentemente successo ad un medico toscano.

 

Se allora il Medico di Famiglia è, a tutti gli effetti, un Medico Specialista, competente e formato – anche più di altri specialisti, come emerso da un recente sondaggio -, per quale motivo viene trattato in maniera differente rispetto al collega che ha svolto una scuola di specializzazione in una disciplina diversa?

 

La domanda è più che lecita perché, sebbene gli specializzandi percepiscano una borsa di studio equivalente, lo specializzando in Medicina Generale è soggetto anche a tassazione IRPEF e a provvedere autonomamente all’RC Professionale, cosa che non accade per gli altri specializzandi. Su questo tema, già ci stiamo muovendo con un pool di avvocati per avviare Cause Collettive mirate a far riconoscere al medico ciò che gli spetta di diritto, e negli ultimi mesi sono state già state raccolte migliaia di adesioni  dai medici interessati.

 

Ad ogni modo, il problema di fondo è probabilmente da ricercarsi nella struttura stessa dell’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e della totale assenza di programmazione nel garantire un corretto turn over dei medici. I posti a disposizione per l’accesso ai corsi di questa specializzazione, infatti, sono esigui rispetto al numero di medici di famiglia prossimi alla pensione, e spesso le condizioni contrattuali di cui parlavamo prima scoraggiano i giovani ad intraprendere tale percorso, preferendo specializzazioni più remunerative e con possibilità di carriera più concrete. In più, lo Stato stesso tende a ridurre il loro ruolo e a marginarlo, affidando per esempio ad altri enti la gestione di pazienti di cui invece potrebbe occuparsi perfettamente il Medico di Medicina Generale.

 

Tutto questo sembra portare verso un sistema a tendenza privatistica, preferito ad un sistema pubblico a volte intasato e inefficiente, che può arrivare a richiedere mesi prima di poter anche solo erogare una prestazione. Una soluzione potrebbe darla il Governo, rispondendo alle richieste e rimostranze della classe medica.