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Riapertura scuole: pediatri in prima linea per contenere la pandemia

01/10/2020

Riapertura scuole: pediatri in prima linea per contenere la pandemia

Con il ritorno in classe e la riapertura di asili nido e scuole materne sono state introdotte nuove regole che cambieranno non poco il lavoro dei camici bianchi.

Ai pediatri è stato dato il compito di fungere da anello di congiunzione tra i pazienti e le loro famiglie, gli istituti scolastici e i dipartimenti di prevenzione. L’obiettivo è quello di ridurre quanto più possibile la circolazione del coronavirus.

A questo proposito l’Istituto superiore di sanità (Iss), il ministero dell’Istruzione e l’Inail hanno diffuso un documento dal titolo “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”, all’interno del quale vengono indicate le procedure da seguire nel caso in cui un bambino presenti determinati sintomi a scuola.

Febbre a 37.5, rinorrea (naso che cola), naso chiuso, tosse, cefalea, dolori muscolari, diarrea, vomito o nausea, sintomi solitamente molto diffusi durante il periodo scolastico, sono però quest’anno considerati una sorta di campanello d’allarme che può comportare l’isolamento del bambino e del ragazzo all’interno dell’istituto scolastico e far scattare tutta la procedura volta ad accertare la positività o meno al Covid-19.

In questo percorso il pediatra rappresenta certamente la figura di riferimento. Sta infatti al medico valutare se avviare la richiesta del tampone al dipartimento di prevenzione (Asl) tramite una triage telefonico. E, stando alle linee guida dell’Iss, questa richiesta dovrà essere fatta in presenza di uno o più sintomi ricollegabili al Covid-19. Se il tampone è negativo, lo stesso pediatra dovrà valutare se ripeterlo dopo 2-3 giorni in base all’evoluzione clinica del caso. “In caso di diagnosi di patologia diversa da Covid-19 (tampone negativo), il soggetto rimarrà a casa fino a guarigione clinica seguendo le indicazioni del PLS/MMG (pediatra/medico di famiglia, ndr) – che redigerà una attestazione che il bambino/studente può rientrare scuola poiché è stato seguito il percorso diagnostico-terapeutico e di prevenzione per Covid-19 di cui sopra e come disposto da documenti nazionali e regionali”, si legge nel documento.

Per quanto riguarda i pazienti con fragilità è prevista una sorveglianza attiva che dovrebbe essere concertata tra il referente scolastico per Covid-19 e l’Asl, in accordo con il pediatra, considerando che i pazienti con patologie croniche in età adolescenziale possono rimanere a suo carico fino a 18 anni d’età. “Particolare attenzione, quindi, andrebbe posta per evidenziare la necessità di priorità di screening in caso di segnalazione di casi nella stessa scuola frequentata”, si legge nel documento dell’Iss. “Particolare attenzione va posta agli studenti che non possono indossare la mascherina o che hanno una fragilità che li pone a maggior rischio, adottando misure idonee a garantire la prevenzione della possibile diffusione del virus SARS-CoV-2 e garantendo un accesso prioritario a eventuali screening/test diagnostici”, aggiunge.

Tuttavia, quella che in teoria può sembrare una procedura piuttosto semplice e lineare, nei fatti si sta rivelando già molto complessa.

I pediatri sono infatti “costretti” a richiedere un numero elevatissimo di tamponi. Questo ha comportato, e si prevede lo farà di più in futuro, diversi ritardi. Secondo quanto riferito dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp), i tempi tra la richiesta del tampone da parte del pediatra e l’arrivo dei risultati sono infatti troppo lunghi, in media 5 giorni. Questo significa per i bambini e ragazzi, solo con sospetto Covid-19, rimanere fuori dalle scuole per periodi più lunghi del necessario.

Le cose potrebbero migliorare significativamente in vista dell’introduzione dei test diagnostici rapidi. Questi test rapidi possono fornire una risposta qualitativa (si/no) in tempi rapidi, tipicamente entro 30 minuti, e non richiedono apparecchiature di laboratorio, anche se per la lettura dei risultati di alcuni test è necessaria una piccola apparecchiatura portatile, quindi possono essere eseguiti sia nei laboratori, diminuendo la complessità e i tempi di lavorazione, sia anche al “punto di assistenza” che potrebbe essere proprio lo studio dei pediatri. L’uso di questi test nei bambini e nei ragazzi viene considerato dai pediatri stessi una ragionevole via per semplificare l’identificazione dei pazienti positivi e, quindi, dell’intera procedura.