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Comunicazione medico-paziente, quando il medico diventa anche “counselor”

18/03/2019

Comunicazione medico-paziente, quando il medico diventa anche “counselor”

«Di recente ho saputo di aver evitato due denunce perché sono riuscita a mantenere la calma di fronte ad una paziente molto arrabbiata. Da allora ho capito l’importanza di rapportarsi correttamente all’altro, ho fatto un grande lavoro su me stessa per migliorare sempre di più sotto questo aspetto e da diverso tempo giro l’Italia per formare i miei colleghi e insegnarli a fare altrettanto».

A parlare è Lucilla Ricottini, pediatra che affianca al suo lavoro in corsia quello di formatrice fin dal 2011. Ai microfoni di Sanità Informazione la dottoressa spiega come a volte, per evitare una denuncia pretestuosa da parte di un paziente, basta fare un respiro profondo, mantenere la calma e cercare di rapportarsi al meglio con lui.

Più facile parlarne che mettere in pratica questo principio, certo, specialmente in situazioni delicate come quelle che possono riguardare una persona che ha ricevuto una brutta notizia relativa alla sua salute o a quella di un suo caro. Ma ricevere una corretta formazione anche su come comunicare nel modo più corretto con i pazienti, leggendo bene le situazioni e comportandosi di conseguenza, può rappresentare una parte fondamentale del bagaglio culturale e professionale del camice bianco. Un bagaglio che può risparmiare al medico anni di inutile (ed anzi dannoso, in tutti i sensi) iter giudiziario.
«Ovviamente – spiega la dottoressa Ricottini – le eventuali denunce sarebbero state infondate, perché legate più che altro ad una situazione emotiva della paziente. Le ho evitate perché ho riconosciuto il dolore che questa persona esprimeva e la mia reazione ha fatto sì che il desiderio di vendetta si smontasse».
«Il messaggio che voglio dare ai colleghi – continua Ricottini – è che io credo fermamente che la comunicazione con il paziente non solo ci renda più sicuri e migliori l’aderenza alla terapia, ma aiuti anche a prevenire le denunce. La gente spesso non vuole soldi, non vuole un risarcimento. Vuole solo essere ascoltata – conclude la pediatra –, e se riusciamo a dedicare del tempo a questa formazione ne beneficerà la qualità della nostra vita».


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